L'OCCASIONE (DA NON SPRECARE) DI SUPERARE IL TURISMO DI MASSA IN ITALIA.
In questo periodo si parla molto di turismo lento. Un approccio alla vacanza green, con una più accurata valutazione dell’impatto che ognuno di noi ha sull’ambiente e sulle persone, in perfetta sintonia con le esigenze dettate dall’attuale situazione sanitaria.
In un mercato come quello italiano, dove forme di turismo alternativo hanno sempre faticato ad attecchire del tutto, questo potrebbe rappresentare un importante punto di svolta: un nuovo impulso, dal basso, a ripensare i paradigmi stessi del turismo nostrano e ad adottare politiche che, nel breve periodo, possano rispondere all’esigenza di un pubblico sempre più ampio, alla ricerca di luoghi poco affollati e nella Natura ma che, nel lungo periodo, potrebbe rispondere ai problemi di molte aree nazionali afflitte da un turismo di massa, mordi e fuggi.
Città, a titolo d’esempio, come Venezia o Roma, sono solo alcuni casi lampanti di una politica di promozione molto frammentata e che adotta come principale -quando non unico- metro di performance di una destinazione il numero di arrivi e presenze, senza considerare altri importanti indicatori come il beneficio netto che queste attività generano sull’ambiente e sulle persone (quelle che lo abitano e quelle che lo visitano).
L’altra importante condizione che spesso scoraggia la diversificazione dell’offerta è la carenza di servizi nelle aree periferiche e naturali. Proprio su questo era intervento il 22 marzo AMODO (Alleanza Mobilità Dolce) inviando ai Ministri e ai Presidenti delle Regioni un documento operativo per la ripartenza del Paese nel quale chiedeva un intervento finalizzato all’adeguamento delle attuali attrattività “lente” italiane soprattutto in termini di digitalizzazione (in larga parte ancora lontane dal booking / promozione online) e di servizi di accoglienza: alloggi, servizi igienici, punti ristoro, punti informativi, adeguata segnaletica, noleggio bici, assistenza e quant’altro.
Fra le mete turistiche, che in questo periodo si sono trovate a fare i conti con le questioni sopra descritte, c’è stato chi ha saputo mostrare, da Nord a Sud, la capacità di guardare con occhi nuovi il proprio territorio e confezionare proposte più in linea con il nuovo sentire, di attrezzare con servizi adeguati vecchi percorsi o pensarne di nuovi per valorizzare aree meno conosciute.
Sicuramente questa emergenza sanitaria ha dato nuova linfa ad una discussione già in corso da anni, circa la difficoltà italiana nel posizionarsi in modo competitivo rispetto ad altri Stati nelle proposte di vacanze responsabili, slow e a impatto positivo.
Tuttavia, anche là dove questa situazione particolare non ha contribuito nell’immediato a ideare proposte nuove, ha sicuramente riportato in luce alcune riflessioni che speriamo resteranno come eredità positiva di questa emergenza: un punto di partenza per il turismo che verrà:
·l’esigenza di lavorare sull’ottimizzazione dei flussi oltre che sulla sua massimalizzazione: de-stagionalizzare, trovare nuove sinergie di territorio, insistere sulla diversificazione.·il valore di aree periferiche e naturali. Luoghi che per loro natura (e così deve essere) attraggono poche migliaia di utenti l’anno ciascuno ma che insieme rappresentano una ricchezza importante per ogni Regione.
·che anche il viaggiatore è attento, e lo sarà sempre di più, al benessere del viaggio in tutti i suoi aspetti e non solo al suo consumo.
·una rinnovata consapevolezza dei limiti o delle possibilità di miglioramento dei servizi a favore del turismo fuori dalle città.